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10 ott 2012

Chi era realmente Siddharta, al netto della mitologia?

Chi siamo? Da dove realmente veniamo? E dove andremo?
Mi rendo conto che queste domande sfuggono a milioni di persone, e mi chiedo quanto tempo hanno le varie signore Marcegaglia o Della Valle o Briatore o Agnelli per porsi simili domande e che tipo di risposte si darebbero. Osho ha sempre sostenuto che la meditazione è per la gente che non deve pensare a sopravvivere, ma che può pensare a curare il suo spirito. Non puoi pensare allo spirito quando sei affamato e non sai se domani mangerai. Naturalmente aveva ben chiaro che fino al momento in cui il miliardario di turno non fa i conti con la propria consapevolezza e condizione spirituale, la meditazione non lo sfiorerà nemmeno di striscio, almeno in questa vita, diceva sorridendo. 
 Bene, vi ho fatto questi nomi per sottolinearvi che il mondo è mosso da queste persone, intendo da queste tipologie di persone, che sono dotate di caratteristiche estremamente, direi brutalmente, materiali, nel senso
di Democrito e tutti i suoi successivi seguaci (compreso Marx). Quindi, se capite bene, chi si rifà ad una filosofia materialista o meccanicistica, chi confida in una azione sul mondo esterno, sulla riforma sociale e anche sulla cruenta rivoluzione sociale, non può essere una persona che è rivolta al mondo interiore, spirituale e non immediatamente concreto e iperrealistico.

Ma il mondo non è fatto solo di corpi, cervelli e sostanze tangibili e materiali, compreso la mente, che si trova all'intersezione tra mondo materiale e mondo non materiale. Pensate all'esistenza di un pensiero: si tratta di un'onda che deriva dall'energia di una serie di cellule cerebrali, che praticamente si può rivelare attraverso degli apparecchi. In definitiva, l'onda del pensiero, non è un oggetto specificamente materiale, ma al tempo stesso deve essere dotata o se volete mediata da qualche cosa di materialmente esistente. 
 Come la forza di gravità, per quanto non si siano ancora scoperti i Gravitoni, gli scienziati non possono che asserirne la loro esistenza, altrimenti non si capisce con quali mezzi una forza tanto potente si possa materializzare e realizzare concretamente. Un mio amico fisico della materia, che lavora al Cern, mi diceva che la Terra è di fatto un enorme campo gravitazionale dentro cui siamo inseriti. Il campo è la Terra stessa. E come esiste un campo di forza gravitazionale, deve esistere un campo di forza in cui i nostri pensieri si trovano a scorrere, veicolati da sub particelle certamente materiali, vale a dire dotate delle dimensioni fisiche che conosciamo (massa, carica, peso, direzione e velocità). 

NOTA: ATTUALMENTE SI CREDE CHE LE DIFFERENZE SOSTANZIALI DELLA MATERIA SIANO DA RICERCARE IN DIVERSE TIPOLOGIE DI SPIN, VALE A DIRE DI SENSO E VELOCITA' DI ROTAZIONE, CON 5 SPIN FONDAMENTALI.

Vorrei sottolineare che al punto di grandezza di cui vi parlo, praticamente la differenza tra materia e non materia è prossimo ai limiti del concepibile. 
 Se volete vi dico il mio parere: secondo me esistono forze, energie e particelle talmente sottili e di vita pari alla durata di pochi miliardesimi di secondo, al punto che ogni fenomeno che definiamo come incomprensibile, ad esempio la lettura del pensiero o la chiaroveggenza, fenomeni certamente dimostrati da alcuni individui e utilizzati anche dalle Agenzie delle Forze dell'Ordine, sono da ricondurre a particolari campi di forza ordinati, in cui il pensiero in questo caso, si trova ad essere canalizzato e a propagarsi, e per un fatto di singole capacità di alcune persone, (si tratta solo di un fatto quantitativo, che comunque tutti possediamo), costoro sono in grado di recepire e trasdurre come una rivelazione. 
 In altre parole, come esiste un campo che veicola la radiazione di luce, cioè una forma d'onda di alcune particelle, che per il principio di indeterminatezza non possiamo mai dire quando è particella e quando e onda, vale a dire, conosciamo la sua energia ma non lo stato in cui si trova, per il pensiero vale uno stesso criterio. Si tratta di una quantità di energia trasdotta da uno stato ad un altro, ma per quanto in forma di onda, il pensiero, non scompare subito. Possiamo pensare ad una persona che improvvisamente muore mentre sta pensando a qualcosa e che questo pensiero, voglio dire questa forma d'onda, di energia, esce da lui e si disperde nello spazio attorno. 

Ora, da qualche parte questa energia infinitesima del pensiero, da qualche parte deve finire, dal momento che sappiamo che l'energia non si può distruggere ma si trasforma solamente. Similmente, tutte le cellule del corpo che compongono quella persona che improvvisamente è morta, non scompaiono nel nulla, e se anche dopo mille anni non restasse che qualche briciola di sali di calcio e altri minerali derivanti dalle ossa, è comunque evidente che gli originari 70 kili del corpo, racchiudenti una certa quantità di energia (vivente, prima della morte), non si sono volatilizzati o trasferiti in una qualche sconosciuta dimensione: più verosimilmente hanno subito un processo entropico, che implica che da una serie ordinata di cellule si è scomposto in una serie disordinata di elementi e materia, come acqua, minerali, tracce di metalli e altro ancora, che sono finiti riassorbiti nel terreno ho dispersi nell'aria, sotto forme di ceneri e acqua. Ma, e credo che qui tutti voi siate d'accordo, se l'energia di quel corpo era un tot di Kilo Joules, nemmeno un millesimo se ne sarà persa, semplicemente si è trasformata in un qualcosa di meno ordinato. Ora, vorrei sottolineare un punto che come neuroscienziato, mi preme molto e che credo sia ben chiaro a tutti coloro che hanno un minimo di conoscenze nel campo della biologia. 

Da dove viene tutta l'energia che hanno gli esseri viventi? Voglio dire, in ultima analisi, da dove viene la nostra vita e l'energia che tutti i viventi (e anche i non viventi) possiedono? La risposta è semplice: dal nostro Sole, l'astro più vicino a noi. Ogni joule di energia rilevata sulla nostra Terra, è un processo di accumulo e trasformazione di energia catturata dal Sole e impacchettata, ordinata, immagazzinata, trasformata e trasferita da vari compartimenti, da cellule a cellule, da forme di onda ad altre (modulazione), ma nessun essere vivente esisterebbe senza l'energia originaria proveniente dal nostro astro, il Sole. 
Questo lo trovate in tutti i corsi di chimica biologica, di inizio allo studio degli esseri viventi in ogni forma di complessità, dall'Alga Azzurra unicellulare e procariota all'essere più evoluto e complesso (la specie umana); la vita sulla terra deriva dall'Energia del Sole. Tutta l'energia degli astri della nostra galassia, non raggiunge nemmeno il miliardesimo di quella che ci proviene dal Sole. 
 Non sorprende che l'uomo primitivo in genere adorasse il Sole e le altre forze della Natura (il tuono, il fulmine, la pioggia, il vento), per gli effetti benefici o malefici che apportavano. Ma il Sole era l'elemento primitivo e centrale di adorazione (dagli Assiri e Babilonesi alle civiltà successive, come quella Egizia, che era consapevole che il Sole era un astro come quelli che si trovavano più lontani. Una chiosa: se leggete il codice di Amurabi, scoprirete che inizia con questa incisione - La giustizia è fatta in nome del più debole -).



Chi era realmete Siddharta

 Arrivo ora, se riuscite a sopportarmi, a stringere il discorso sulla civiltà della valle dell'Hindo e sugli Hindù. Non farò un corso di storia indiana, intanto perché non sono competente e poi perché non serve in questo momento, bastando sottolineare che già duemila, e più anni prima di Cristo, le famiglie ricche e potenti dell'India, potevano permettersi di far istruire i loro figli, chiamando i saggi e gli eruditi in modo da poter conoscere il pensiero filosofico, scientifico e religioso dominante. Tutto il pensiero filosofico che si evolve e si trova in forma scritta, è stato prodotto da Maharaja, vale a dire Principi e Sovrani, Signori, gente ricca e certamente anche istruita. 
Pensate a Gautama Siddharta, era secondo la leggenda un principe che viveva nello sfarzo di un castello da favola, ma più probabilmente era figlio di commercianti, (si crede di coltivatori di riso, cui il nome Siddharta si riferisce), vale a dire di ricchi e grassi borghesi, privi di status nobiliare ma certamente dotati di molti agi. Siddharta storicamente sembra nato nel VI secolo a.c., secolo di grandi filosofi (Lao Tse, (o Lao Tzu), Confucio, Pitagora e Eraclito, per citare i più famosi) nella cittadina di Kapilavastu (a sud del Nepal), all'epoca, mèta di pellegrinaggi continui, dal momento che vi si era insediato e aveva insegnato Kapila, il fondatore della scuola Sankhyam.

 In sanscrito, Sankhyam significa "enumerazione", e il sistema filosofico di Kapila era appunto denominato (anche se in forma deridente da alcuni) Filosofia della Enumerazione, perché si basava su di una serie di divisioni e sottodivisioni o se volete di insiemi e sottoinsiemi per descrivere il mondo. (Una breve nota: in Nepal ci sono dei parchi nazionali tra i più belli e selvaggi del mondo, con gazzelle e rinoceronti, laghi e vegetazioni di tutti i generi. 
All'epoca di Siddharta, il Nepal era solo una delle regioni più floride e splendide a est della valle dell'Hindo). Le enumerazioni di Kapila erano quelle che si fanno risalire alla notte dei tempi, quindi era una concezione dualista del mondo, con questi elementi: -Prakriti, è la materia manifestantesi in tre forme, i 3 Gunas, che nell'insieme costituiscono le forme di esistenza della materia, -Purushas, sono le anime individuali, le esistenze di ogni essere vivente che si unisce alla Prakriti, assumendo anche una sua esistenza materiale, tangibile. Di ogni essere vivente quindi, la componente materiale la Prakriti perisce e subisce la trasformazione energetica, mentre il Purusha o corpo etereo è immortale, mai nato e mai muore (a parte i cicli di Brahma). 

Fondamentale capire che nella concezione di Kapila, il corpo sottile o etereo è solo uno spettatore degli eventi della sua esistenza materiale, è UN TESTIMONE di tutte le cose ed eventi del mondo attorno ad esso. Ma c'è un inghippo: non sa di essere tale, e nel momento in cui, attraverso la meditazione, le pratiche ascetiche e gli esercizi spirituali, riesce a espandere la sua consapevolezza fino a capire di nuovo questa semplice ma ultima verità, avviene la definitiva separazione di esso dal corpo materiale che lo avvolge. In altre parole, alla morte, non ci sarà una successiva reincarnazione del Purusha in un involucro di Prakriti. Perché c'è questo inghippo, vale a dire l'assenza di consapevolezza di essere immortali?
Kapila lo spiega in modo perfetto. Nel momento in cui il Purusha si reicarna in un corpo materiale, rinasce originariamente in azioni e pensieri nuovi di zecca, e praticamente si identifica con essi. E' il principio di ogni illusione: si crede di essere quelle azioni e quei pensieri che produce il nostro involucro materiale, vale a dire il nostro cervello, ma il Purusha non è una roba materiale, non è il pensiero né le azioni di quel corpo. 

Quindi la meditazione serve a portarsi all'estremo della nostra materialità, all'intersezione tra corpo materiale e corpo sottile, arrivati a quel punto, può accadere il fenomeno, l'esplosione, l'illuminazione improvvisa e realizzare che noi non siamo quello che pensiamo, nè quello che facciamo ma la nostra vera essenza è quella di essere solo dei testimoni, come degli spettatori di una rappresentazione teatrale, in cui non pensiamo di essere identificati con i personaggi che si muovono sulla scena, ma restiamo consapevoli che noi siamo seduti sulla nostra sedia e stiamo solo vedendo uno spettacolo, una fiction. 

Oggi possiamo fare più coerentemente l'esempio dello spettatore di una fiction televisiva, sia essa il telegiornale o la sitcom. (Avrete notato che per me, non esiste una differenza di genere televisivo, come si insegna invece nei corsi per maneger tv: in realtà, non esiste il reality, il Tg, o la sitcom, in quanto tutto quello che la Tv ci propone è una riproduzione e ricreazione della realtà, vale a dire una fiction, e in molti casi una adulterazione della realtà). Naturalmente, questo non accade di frequente: in realtà, il più delle volte finiamo con l'identificarci (per questo non ci ricordiamo delle nostre vite precedenti e della nuova al momento della reincarnazione). 
Nota:se veramente qualcuno che legge queste righe, è veramente fuori dall'Io, al punto da esserne non più identificato (non sono il mio nome, non sono il mio corpo, non sono nemmeno la mia mente più vicina al corpo, l'Io), beh, credo che questa persona, se ne è realmente consapevole, allora non solo non sarebbe un malato mentale ma certamente è molto vicina all'illuminazione. 

 Ecco quindi il sistema duale della filosofia di Kapila: da una parte il mondo materiale e dall'altra quello reale, immutabile e immortale, mai nato e mai morto. Trovate che questo sistema sia vicino a quanto predicato da Buddha? Tenete presente che nei Veda queste concezioni sono già presenti, quindi Kapila non ha che posto l'accento su alcuni aspetti della vecchia saggezza della tradizione orale e poi scritta. Direi che anche Buddha non si discosta in definitiva dal solco della vecchia tradizione vedica e upanishad; solamente che si focalizza su alcuni aspetti, la rimodella secondo suoi propri principi e visioni personali.

Seconda parte

Allora, visto che mi sollecitate a entrare più in profondità nella mia personale esperienza sulla Meditazione, inizio subito. L'unica forma di meditazione che ho seguito con una direzione di un maestro, almeno per sommi capi e in forma collettiva è la Meditazione Dinamica di Rajneesh, che lui già faceva praticare a Pune, a partire dal 1974-75, quando già a quel tempo, gli allievi o seguaci occidentali superavano quelli indiani in numero.

All'epoca, Bahgwan era legato affettivamente (ma prendete questo aggettivo con le pinze, dal momento che Bahgwan non ha mai seguito un percorso formale di amore verso una sola persona, come comunemente viene inteso in Occidente e non solo) alla donna che essendo ricca, le aveva procurato un bello e comodo appartamento nel centro di Bombay, dove viveva praticamente isolato da tutto, tenedo incontri regolari con i discepoli (dato che era all'epoca già auto proclamatosi Bahgwan, che significa, la vagina da cui origina l'Universo, in sanscrito Bah, ma a significare il tiitolo di maestro, per tutti coloro che non credono in un Dio creatore universale (come i Sufi, da cui Bhagwan proveniva).

Questa donna, divenne sua discepola e segretaria dal tempo di Bombay fino a tutta la permanenza a Pune, cioè fino al 1981, quando dovette riparare in America per soottrarsi all'ufficio delle tasse indiano, che sospettava che la comunità di Pune non fosse solo un centro sociale e culturale, ma dove si accumulavano anche ricchezze e ingenti somme di denaro (cosa del tutto vera, fino a un certo punto, in ragione dei libri pubblicati nel mondo, che fruttavano milioni di dollari di diritti d'autore e delle elargizioni dei figli e figlie di ricche e facoltose famiglie occidentali, ospiti nel puram di Pune (o Poona, come scrivono gli americani).
Ma Laxmi non fu però la sua prima segretaria, in quanto prima di muoversi in Bombay, aveva già un'altra seguace e vera prima segretaria personale e corporale, Ma Kranti, che conobbe quando si spostò a vivere stabilmente a Mumbai.
A parte varie beghe con le tasse, in ogni modo l'attività nel Puram di Pune era assai cristallina, anche perché Laxmi era una donna graziosa e molto saggia, tutto il contrario di Sheela, detta "tette dure", per la risposta che dette a un giornalista della CBS che la intervistava appena giunti in Oregon.

Come funziona la Meditazione Dinamica di Bahgwan Shree Rajnessh?
Se qualcuno ha letto qualche cosa di Bioenergetica ad esempio Alexander Lowen (uno dei primi libri che avevo comprato prima dell'università è il suo famoso  Il Linguaggio del Corpo, che ho sullo scaffale in basso, quello dei libri ormai vecchi e datati, ma comunque validi), può cominciare a farsi un'idea di come funziona la seconda fase di scarica della MD (Medit. Dinam.).

In realtà non so se Bahgwan ha mai letto Lowen, ma di certo conosceva il suo maestro,  Wilhelm Reich, che proprio in America, era andato incontro ad una forma di instabilità mentale, al punto da finire la sua vita in un ospedale psichiatrico. In ogni caso e forse proprio per la storia di vita di Reich (idealmente uno degli psicoanalisti della sinistra marxista non ebraica), Bahgwan fu subito attratto dalla teoria che stava dietro alla Orgon Box di Reich, vi trovava affinità con i Veda, quando parlano del significato dei corpi sottili, dei tubi in cui circola il Prana, di un polo positivo e uno negativo, tanto preziosi e cari alla filosofia e pratica del Pranayama nel Kundalini.

Ma forse, credo che il collegamento più importante che Reich forniva con la filosofia indiana, era l'importanza del corpo, del tono di gruppi muscolari e delle loro fasce, quasi a creare un'armatura psichico difensiva, che si esprimeva nel linguaggio del corpo (come poi ripresa da Lowen).

La MD si praticava in piedi, attraverso una fase iniziale di carica, cui seguiva una successiva fase di scarica, attraverso la quale, tutte le emozioni, i pensieri e le tensioni dovevano essere buttati fuori tramite il corpo, che doveva scuotersi, muoversi in modo da far esprimere questi elementi, e in tal modo giungendo a liberarsi dal loro scorrere dentro. In pratica, respirare, svuotare la mente era la prima condizione per poi passare alla fase espressiva, che a volte in alcuni poteva raggiungere livelli di forte scaricamento.
La tecnica però esisteva; non si trattava solo di lasciarsi andare ai movimenti liberi e spontanei del corpo, ma si doveva anche esserne dei testimoni, degli attori che vedono e sentono il proprio essere attori (il segreto era quello, almeno per chi iniziava, cosa più facile a dire che da realizzare concretamente).


Ricordate quanto dicevo prima, sul film di Mazursky? E' bene che teniate in mente che queste pratiche di scarica delle tensioni muscolari ed emozionali, sono vecchie quanto il mondo, e in California, erano praticate dai frikettoni e super vip già alla metà dei sessanta.
Guardiamo il video



Riprendiamo.

Ora, prima di accennarvi qualcosa sulla mia esperienza di meditazione, vorrei porre l'accento sul fatto che la meditazione dinamica si differenzia dalle pratiche di Grof, di cui si è visto il video. Intanto, Grof si cura solo di un aspetto corporeo-espressivo, mentre la meditazione (almeno nella forma della MD di Osho), è attenta alla emergenza del Testimone, quindi a trascendere il corpo e la mente, iniziando a divenirne dei testimoni esterni, per così dire, punto cruciale di ogni pratica spirituale profonda. 
Gli Indios messicani e del Sud America hanno spesso  fatto uso di molte sostanze naturali, per ottenere questi effetti sul cervello: ad esempio il peyote, opportunamente ingerito produce effetti di tipo psichedelico, non dissimili da quelli dell'acido lisergico (LSD) sul cervello, modificandone la percezione sia del mondo interno che di quello esterno.

E' importante questa esperienza, e credo che per quanto soggetta a giudizio morale e critico, sarebbe utile sperimentare la percezione della realtà psichica e del mondo esterno sotto gli effetti di una droga allucinogena, per capire che i confini del nostro mondo dipendono strettamente da come sono interpretati e valutati (analizzati) dal nostro cervello, che è il substrato materiale (biologico) che media e produce questa percezione e interpretazione.
Un punto su una parete è un punto, ma dopo una respirazione particolare, con rapida deplezione di Co2, può divenire fluttuante (a seguito delgi effetti della maggiore ossigenazione della retina). Similarmente, il punto in questione, può sembrare allargarsi a dismisura, assumere contorni e forme differenti sotto gli effetti dell' LSD.
In altre parole, sappiamo che il mondo come lo percepiamo e anche la nostra stessa personalità, il nostro Io, sono dei prodotti simili tra esseri simili, in quanto mediato dalla attività del nostro cervello. In altre parole, se il nostro cervello cambia stato di attività, anche la nostra mente subisce una trasformazione e da questo cambiamento della mente, discende che il modo in cui ci percepiamo e pensiamo a noi stessi (Io e Sé), subiscono un temporaneo cambiamento.

Ora, la meditazione è una porta per provocare questo cambiamento nella mente, che significa che il cervello entra in uno  stato di attività differente da quello normalmente effettuato durante le altre situazioni della nostra vita quotidiana (lavoro, studio, gioco, sonno).

Provate a ridere anche solo in modo simulato: è una esperienza che mi fu suggerita durante le pratiche della MD da Osho. Se vi sentite stanchi o giù di corda (non intendo esattamente depressi, ma uno stato simile ma non proprio depressione), provate a ridere di gran gusto; richiamate alla mente situazioni in cui avete riso di gran gusto, o provate a guardare un film comico che vi ha fatto molto ridere e cercate di ripetere quell'esperienza originaria (qualsiasi altra esperienza simile andrà bene). Se riuscirete a rievocare e a ripetere quell'esperienza allora riderete di gusto di nuovo e il vostro cervello cambierà la sua attività, lasciandosi al momento, i pensieri cupi e la tristezza o stanchezza alle spalle. 
E' uno stato transitorio, dal momento che l'attività del cervello è fatta di molti stati transitori, vale a dire che si muove, oscilla dalla prevalenza di uno stato a quella di un altro (se fosse costante su un solo stato saremmo dei gravi psicotici dissociati). E se riusciamo a influire su di uno stato che consideriamo negativo, portandolo su di un altro stato di funzionamento (che consideriamo positivo o piacevole), siamo riusciti ad ottenere una trasformazione della nostra mente, cioè un cambiamento del nostro stato mentale (temporaneamente).

Quindi influire sull'attività del cervello è possibile e di norma, consapevolmente o meno, lo facciamo costantemente tutti i giorni durante la nostra vita quotidiana. 
Ora, vorrei sottolineare che nella vita quotidiana, la maggioranza delle persone non è consapevole degli stati del cervello e quindi della mente, semplicemente influisce su di essi o ne subisce l'influenza in modo del tutto inconsapevole e questo è esattamente l'opposto di ciò che facciamo quando si pratica l'attività psico-fisica-spirituale che chiamiamo Meditazione.
(Ad esempio, spesso non siamo consapevoli che l'interazione che abbiamo avuto durante un colloquio ci ha creato ansia e disagio, inquietudine o disillusione, cioè sentimenti depressivi e dannosi, veramente tossici).
Nella meditazione siamo consapevoli di tante cose, al punto che dopo essere passati per una grande strettoia (la fase di concentrazione), la mente diviene del tutto priva di briglie, si lascia scorrere la mente e il flusso di pensiero con cui la identifichiamo, dove vuole andare, senza alcuna restrizione o tentativo di controllarla. Ci comportiamo come se fossimo su un cavallo che se ne va dove vuole, ci limitiamo a starcene in groppa e lasciamo che se ne vada dove gli pare.
In altri termini lasciamo le briglie, andiamo a briglia sciolta, diveniamo degli sbrigliati, degli scollegati e in qualche modo ci sentiamo effettivamente dissociati.
Questa dissociazione, è la prima caratteristica dell'inizio della meditazione, direi che ne è il presupposto e anche la sua emergenza, anche se non potrei dire che il solo fatto dell'esistenza di dissociazione implica una attività meditativa.

Dissociazione è un termine molto generico e vasto: dissociare l'emozione dalle azioni, il pensiero dall'emozione, il pensiero dall'azione, l'Io dal Sè, il corpo dalla mente eccetera, sono le principali accezioni del termine.La dissociazione del pensiero dalle azioni che stiamo eseguendo è spesso assai praticato da tutti noi, come effetto della memoria procedurale in atto. Ad esempio, guidare l'auto mentre si parla con qualcuno o si telefona, implica un notevole grado di dissociazione tra l'attività di guida e quella di colloquio.

Ora, nella Meditazione, la dissociazione assume un suo aspetto e significato peculiare, ben conosciuto da chi la pratica. Infatti significa essenzialmente divenire testimoni del nostro Io, permettendo l'emergenza del Sè.  
Se i miei pensieri non sono più i "miei" pensieri ma sono come delle nuvole che scorrono sull'orizzonte, li osservo in modo acritico, li lascio fluire senza mai soffermarmi su di essi, lascio semplicemente che il cervello li produca e li lacio scorrere come immagini su di uno schermo mentale, sono pensieri del mio cervello è vero, ma in ogni caso non sono da me volutamente prodotti, pertanto li osservo in modo distaccato (dissociato), come un Testimone dell'Io.
Solo se arrivo a questo punto posso andare oltre e non identificarmi più con l'Io, per giungere a un Sè assai meno confinato e più impersonale ed espanso.

Osho lo spiegava bene: il cervello e l'Io, la sua funzione mentale, mica ci stanno a non identificarsi con i pensieri, cercano in tutti i modi di resistere perché questo è il trucco e il gioco biologico; io sono i miei pensieri. 
Io, cervello, esisto in quanto produco pensieri e questi sono riconosciuti come proopri dal soggetto pensante, appunto l'Io. Ma se riusciamo a divenirne solo dei testimoni, allora il cervello subisce una pausa quantica, (o se volete un salto quantico), entra in uno stato differente di funzionamento, proprio perché una parte del suo costrutto produttivo, la mente, non funziona più come prima, non si identifica più strettamente in un Io stabile. 
In quella pausa, diceva Osho, si realizza la meditazione. Potrebbe durare un secondo, un minuto o un'ora, ma voi non vi accorgerete del tempo che passa, perché le dimensioni del tempo e dello spazio si dilatano, si trasformano e non sono più sotto il controllo del cervello come lo conosciamo (ricordate quando parlavo del peyote o del LSD?).

Facciamo un'altra pausa e ora ci mettiamo a cantare tutti assieme, perchè la musica e il canto sono veicoli e linguaggi universali, che si rivolgono a un cervello ancora più primitivo e meno controllato.


Terza parte


Domanda.
... Mi chiedi di spiegare esattamente cosa faccio quando medito, dal momento che sei nuova qui, voglio dirtelo, per sommi capi.
Allora, mi siedo dove posso, ma la miglior posizione è quella del mezzo loto, con la schiena ben dritta e poggiata ad un sostegno (parete in legno, albero o simile). Inizio a respirare più profondamente del normale e con più ampiezza, in un tempo di 3-4 secondi di inspirazione, trattengo per altrettanto e espiro molto lentamente, di solito in un tempo doppio o triplo rispetto a quello in cui ho inspirato.
E' bene sapere che durante l'espirazione, il sangue si scarica di CO2, il diossido di carbonio, che per quanto tossico, è comunque necessario a comporre la miscela gassosa che respiriamo. Ma nel momento in cui lo rilasciamo con il respiro, il sangue si svuota (lo dico così, per dare un'idea) momentaneamente (deplezione) di tale gas, e questo fatto comporta un effetto molto rapido sul tono dei muscoli gravitazionali e anche sul Sistema Nervoso.
Una lenta espirazione favorisce quindi il rilassamento neuro-muscolare di per sè, in quanto è una conseguenza fisiologica. Dopo alcuni minuti (quando sento che il rilassamento fisico è sulla strada), chiudo gli occhi (abbasso le palpebre). Occorre rimarcare che di tutti i milioni di input che entrano attraverso i nostri sensi nel Sistema Nervoso Centrale, più del 90% sono costituiti da stimoli ottici, vale a dire che entrano nel cervello tramite la visione diretta, cosciente o meno di ciò che percepiamo con la vista.

Quindi, chiudere gli occhi significa chiudere la porta a una quantità enorme di stimoli che ci legano al mondo esterno, e questo prepara uno stato mentale di interiorizzazione, vale a dire che dal momento che il cervello riceve molti meno stimoli esterni, si ritrae su se stesso e inizia a produrre lui stesso immagini, pensieri e forme percepibili, in quanto questo è il lavoro del cervello: produrre incessantemente pensieri, immagini, suoni e collegarli tra loro in un significato che ovviamente (ma spesso non tanto ovvio per la gente comune) è messo dal cervello stesso, attraverso la sua attività di scomposizione e analisi in parallelo dei segnali nervosi. Insomma è una macchina incessantemente al lavoro, che quando viene messa in condizione di deprivazione di stimoli, inizia ad auto produrli tramite rievocazioni di pensieri, immagini, suoni e molto altro, nel modo che tutti noi conosciamo. Basta pensare a quanti pensieri ci affollano la mente in una qualsiasi giornata per capire di cosa stiamo parlando.

Non so se qualcuno si ricorda, ma durante gli anni settanta andavano di moda le Cure del sonno e le camere per isolamento sensoriale, come antidoti contro lo stress e per favorire il recupero dell'attività fisiologica del Sistema Nervoso. Così gli sventurati che cadevano in queste pratiche mediche, venivano fatti dormire con uso di droghe, qualcosa come 36 ore di fila, alimentati con l'endovena, oppure erano infilati in una capsula isolata acusticamente, dove galleggiavano su un liquido salino, che eliminava qualsiasi contatto fisico. Il risultato era estremamente povero di dati positivi sul recupero nervoso, in quanto il sonno ottenuto con le droghe non era fisiologico (solo per dirne una) e la deprivazione sensoriale non aiuta la povera mente del paziente, che si trovava intrappolata in una capsula isolata dal mondo, senza luce e suoni per circa un'ora al giorno, con il cervello che cercava di produrre tutte le attività utili a contrastare tale deprivazione (quindi emergenza di pensiero delireante, visioni terrifiche, flash, tunnel, incubi, fenomeni mnestici di ogni tipo, fino a vere e proprie sindromi transitorie di tipo psicotico o dissociative.

Ora, l'isolamento e l'atteggiamento favorevole all'introiezione che si crea con le prime fasi del processo di meditazione è del tutto differente dalle pratiche di deprivazione, in quanto il soggetto è totalmente presente a se stesso in ogni istante, libero di potersi alzare o pensare a quello che vuole, aprire gli occhi, cantare o fare qualsiasi altra cosa. Semplicemente mi trovo in uno stato iniziale di rilassamento neuro-muscolare e di respirazione calma e lenta, con gli occhi chiusi e quindi con il cervello che riceve pochi stimoli rispetto a prima, tutto qui (e non sarebbe nemmeno poco).

Ora, dopo pochi minuti che ho chiuso gli occhi, inizio a respirare normalmente, senza cercare di tenere dei tempi di inspirazione-espirazione; semplicemente lascio che la respirazione segua i suoi tempi spontaneamente, Di solito, quasi automaticamente, i bulbi oculari tendono a convergere verso l'interno e verso l'alto, praticamente nel centro tra le due sopracciglia, questo è un meccanismo abbastanza fisiologico, ma non sempre accade, quindi occorre svilupparlo durante i primi mesi di meditazione.

Perché è fondamentale che gli occhi convergano verso il centro delle sopracciglia? Se tanto sono chiusi, a cosa serve? E' molto importante, direi fondamentale per ottenere una meditazione profonda.
In quel punto, si trova l'epifisi o terzo occhio della medicina tibetana e anche per i Veda. Ora dell'epifisi non conosciamo molto, si dice che produce melatonina, ma dei suoi collegamenti e perché si trovi in una posizione così elevata, dove si collocano strutture evolutivamente molto più tarde rispetto all'ipofisi, per esempio, ancora non sappiamo. Per i Veda comunque quel punto è chiamato Terzo Occhio, o Occhio di Mezzo e corrisponde all'occhio della mente e dello spirito, vale a dire ad un occhio che non vede quello che ci sta di fronte, ma vede con la mente, può vedere nello spazio e nel tempo. Questo è quello che i Saggi dei Veda hanno sempre sostenuto da almeno tremila anni.

Ora sapete tutti che ci sono persone in grado di vedere ad esempio dove si trova il cadavere di una persona scomparsa (queste persone sono spesso impiegate dalle forze dell'ordine proprio per tali scopi e anche molti altri). Queste persone sono concentrano su particolari della persona cui rivolgono la loro attenzione e iniziano a vedere delle cose che l'hanno riguardata nel passato, e se vivente, anche nel futuro. Bene, sicuramente queste persone sono nate con una forte predisposizione a far emergere l'attività spontanea del Terzo Occhio, (occhio di Shiva), ma questa capacità, chi più o chi meno, la possediamo tutti.

Per il discorso che sto facendo, quello della meditazione, convergere i bulbi oculari verso il Terzo Occhio, significa attivarlo, risvegliarlo, dargli l'attenzione che durante il giorno e le attività quotidiane gli sono negate (e per questo il Terzo Occhio non si manifesta in noi, perché siamo troppo impegnati nel lavoro e nelle attività materiali, compreso il divertirci e fare sesso).
Osho lo spiegava benissimo: dategli attenzione, diceva, ed esso vi beneficerà. Non aspetta altro, solo la vostra attenzione tramite la meditazione ed esso si risveglierà (sarà attivo anche di giorno, con la luce solare) e vi metterà in connessione con parti di voi che non avete mai conosciuto. Insomma, per Osho il risveglio del Terzo Occhio era la certezza che la meditazione aveva avuto successo, era stata effettuata con giusta proprietà.
Ma, diceva anche che non si doveva pensare ad esso, solamente dovevamo lasciarci andare, abbandonare il normale stato di controllo cosciente ed inconscio e lasciar emergere il nostro respiro spontaneo e la nostra attività mentale spontanea, senza cercare di fare nulla per ostacolarli. Al limite, non dovevamo nemmeno cercare di voler chiudere le palpebre: lasciate che esse si chiudano, diceva, ma non forzate ne cercate di fare nulla.
Il motivo di queste istruzioni e consigli oggi lo capisco molto bene. Se cerchiamo di ottenere qualcosa, svegliamo la nostra mente cosciente e quindi vanifichiamo qualsiasi possibilità di far emergere una modalità di funzionamento differente della nostra attività nervosa centrale. Io ho impiegato almeno una decina di anni per capire bene questo punto, ma spero che voi lo facciate prima, Dovete però tenere conto che solo la vostra concreta esperienza pratica può assumere vero significato: le parole di qualcuno sono solo una guida, ma non servono ad altro. Nessuno può meditare al posto vostro, né tanto meno insegnarvi a farlo.

Continuiamo in un prossimo incontro. Ora cantiamo e balliamo assieme.

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